“Mio figlio non mangia!”: Questa è solitamente la prima affermazione dei genitori che sospettano la presenza di disturbi alimentari nei bambini. Comprensibilmente, le difficoltà legate all’alimentazione generano nei genitori uno stato di allarme, preoccupazioni, ansia e stress. I disturbi alimentari più frequenti e sempre più precoci nei bambini sono l’alimentazione selettiva,  il rifiuto del cibo, la disfagia funzionale e l’anoressia infantile. Quando si tratta di un disturbo alimentare e quando di una normale difficoltà? Quali sono le diverse tipologie di disturbi alimentari nei bambini, i sintomi, le cause e l’intervento? Infine, 5 consigli pratici per i genitori che spesso vivono le difficoltà alimentari del bambino con grande apprensione.

Quando si tratta di disturbi alimentari e quando di difficoltà transitorie?

E’ necessario trovare un equilibrio tra l’eccessiva medicalizzazione delle normali difficoltà evolutive e la sottostima dellestesse. Infatti, nei primi quattro anni di vita del bambino è normale che l’approccio al cibo sia sperimentato in modo graduale.

Tuttavia, i disturbi dell’alimentazione che si manifestano nei primi anni di vita, spesso non vengono adeguatamente trattati, cronicizzandosi anche in età successive. Infatti, essi si associano a difficoltà del comportamento o emotive durante l’adolescenza e l’età adulta.

Solo un’approfondita consulenza e valutazione può determinare se si tratti di una difficoltà transitoria o di un disturbo alimentare. Sebbene non siano sempre presenti modificazioni drastiche del peso corporeo, nei casi più gravi si osservano importanti carenze nutrizionali e conseguenze rilevanti per la salute.

Si raccomanda la richiesta di aiuto specialistico più precoce possibile, soprattutto qualora il genitore osservi comportamenti alimentari non congrui all’età del bambino.

bambino disturbi alimentari

I disturbi alimentari più frequenti nei bambini: sintomi e caratteristiche 

 “Il bambino mangia solo alcune categorie di alimenti”

Questo comportamento può essere dovuto primariamente a due problematiche distinte:

  • Circa il 20% dei bambini (1-5 anni) manifestano avversione per i cibi nuovi (neofobia)4 . Gli alimenti maggiormente evitati sono le uova, le verdure e i legumi. Tuttavia, è anche vero che il bambino sperimenta gradualmente il cibo. La fase di svezzamento risulta essere particolarmente delicata e, soprattutto nel primo anno di vita, i ritmi sonno-veglia e alimentari sono strettamente connessi. In questo articolo, viene approfondito il tema della regolazione del sonno in questa fascia di vita. Inoltre, ci sono bambini che, per loro caratteristiche innate (temperamento), sono meno propensi alle novità e ai cambiamenti. Infatti, nella metà dei bambini questa difficoltà va incontro a risoluzione spontanea. Tuttavia, quando l’avversione per i cibi nuovi ha durata prolungata e riguarda molti alimenti indispensabili per la crescita, allora l’intervento è necessario. 
  • Selettività alimentare1: il bambino, per almeno due anni esclude alcune categorie di cibo a lui note. Inoltre, non è presente la paura di soffocamento o vomito. Il rifiuto può essere dovuto ad alcune caratteristiche sensoriali del cibo che generano avversione nel bambino come il colore, l’odore, la consistenza. Selettività alimentare e neofobia rappresentano in assoluto i disturbi alimentari più frequenti nei bambini in età scolare e prescolare.

Difficoltà alimentari dovute a paure o fobie

“Il bambino ha paura di mangiare a causa di intense paure o fobie specifiche”

In casi come questo, i disturbi alimentari nei bambini si esprimono con gli stessi sintomi (rifiutare alcuni cibi), ma l’origine e la causa scatenante è molto diversa.
  • Successivamente ad un’intensa paura di soffocamento e/o vomito si sviluppa il rifiuto parziale o totale del cibo. In questo caso si parla di disfagia funzionale1, ovvero un disturbo della nutrizione sviluppato a seguito di uno o più eventi che hanno sviluppato una sorta di fobia. Ad esempio, il bambino a seguito di episodi di soffocamento, vomito, reflusso o sondino naso-gastrico, potrebbe rifiutare cibi solidi, ma accettarli sotto forma di purea. 
  • Presenza di altri tipi di fobie che portano a scarso consumo di cibo4. Ad esempio la paura di defecare o il timore del bagno.

Altre tipologie di disturbi alimentari nei bambini e i relativi sintomi

  • Disturbo emotivo di rifiuto del cibo1 ovvero una perdita di peso causata da un disagio emotivo presente, in assenza di altre patologie mediche in corso.
  • Anoressia nervosa infantile1: Si osserva una significativa perdita di peso dovuta al rifiuto di alimentarsi adeguatamente. Prima dei 3 anni il bambino con anoressia infantile2 non comunica la fame e non ha alcun interesse per il cibo, pur mostrando grande interesse per l’esplorazione dell’ambiente. Nei bambini tra i 3 e gli 8 anni si osservano preoccupazioni per il cibo e l’alimentazione. Invece nei bambini d’età superiore a 8 anni sono presenti timori e pensieri poco utili sul peso e/o sulla forma del corpo.
  • Bulimia nervosa1 : I casi più precoci si osservano a partire dall’età di 8 anni, mentre più frequentemente l’esordio avviene durante l’adolescenza, tra i 12 e i 24 anni. Episodi di abbuffate e pratiche di svuotamento, perdita di controllo. Come per l’anoressia nervosa sono presenti preoccupazioni elevate e pensieri ripetitivi sulle forme del corpo e/o sul peso. 
tipologie disturbi alimentari

Cause dei disturbi alimentari più frequenti nei bambini: non è tutta colpa delle madri!

Molte teorie del passato, soprattutto di impronta psicoanalitica, attribuivano la causa dei disturbi alimentari nei bambini alla figura materna. Ciò ha contribuito a generare un enorme senso di colpa, soprattutto nelle madri. L’origine è spesso dovuta all’intreccio di molteplici fattori: caratteristiche innate del bambino (tratti temperamenti), aspetti relazionali, stress psicosociali, difficoltà di regolazione5.

Quindi esiste una pluralità di concause nel determinare la comparsa di un disturbo alimentare durante l’infanzia. Genitori spesso ansia frustrazione e stress relative a questa situazione che genera disaccordo tra i genitori stessi, conflitti tra genitori e tra genitori e bambino esacerbando la difficoltà. 

L’intervento nei disturbi alimentari dei bambini

Si raccomanda la richiesta di aiuto specialistico più precoce possibile, soprattutto qualora il genitore osservi comportamenti alimentari non congrui all’età del bambino.

Infatti più tempestivo è l’intervento, migliore è la prognosi, consentendo così di evitare possibili complicazioni. Infatti un disturbo durante l’età infantile spesso assume caratteristiche di continuità durante la crescita. In altre parole, può permanere lo stesso tipo di disturbo e quindi cronicizzarsi, oppure manifestarsi attraverso altre tipologie di disagio (continuità eterotipica). Ad esempio la selettività alimentare irrisolta potrà protrarsi, aggravarsi nel tempo oppure scomparire in maniera temporanea. Il disagio psicologico tende tuttavia a comparire nuovamente ad età successive con forme diverse. Ad esempio, potrebbe manifestarsi attraverso altre tipologie di disturbi emotivi o comportamentali.

Durante le mie consulenze un punto chiave è la comprensione e la modificazione dei fattori che mantengono questa difficoltà. Infatti, spesso, senza che la famiglia ne sia consapevole, si creano dei circoli viziosi che alimentano la difficoltà. Assieme alla famiglia questi meccanismi vengono individuati e modificati per ottenere un miglioramento. Le mie consulenze avvengono in collaborazione con il Pediatra di riferimento in caso di variazioni considerevoli di peso, per approfondimenti attraverso esami strumentali o per valutare l’impatto di cause di natura organica.

L’intervento in presenza di disturbo alimentare in bambini di età inferiore a 8-10 anni, avviene primariamente con il coinvolgimento dei genitori. Nello specifico, ai genitori vengono fornite delle tecniche specifiche volte alla modificazione del comportamento alimentare.

Conclusioni: 5 consigli pratici per i genitori

Riassumendo, i sintomi dei disturbi alimentari nei bambini possono essere molto simili, ma essere causati da diversi fattori e avere un’eziopatogenesi diversa. Lo psicologo infantile valuta e propone l’intervento, il quale più è precoce meno è duraturo e minore è il livello di sofferenza dell’intera famiglia.

Infine, ecco 5 consigli pratici:

  1. Gestire la rabbia anche a tavola: limitare quanto più possibile le “battaglie” per il controllo del cibo e i conflitti relativi l’alimentazione in famiglia. Entrambi alimentano il problema.
  2. Evitare metodi coercitivi, lotte di potere o ricatti: “se mangi questo ti compro il gioco”.
  3. Il bambino osserva e impara dal suo ambiente: Continuare a proporre a tavola un’alimentazione ricca, variegata ed equilibrata
  4. Fornire comunque dei limiti chiari e non negoziabili nel caso vi siano spiluccamenti da parte del bambino (picky eating). 
  5. Se la difficoltà permane una chiamata ad uno specialista non costa nulla.

Nel caso di sospetta presenza di un disturbo alimentare, contattami! La prima consulenza telefonica è gratuita.

Bibliografia

  1. Bryant-Waugh, R., Markham, L., Kreipe, R. & Walsh, T. (2010). Feeding and eating disorders in childhood. Int J eating disorders, 43, 98-111.
  2. Zero to Three – National centre for clinical infant programs (2005). Diagnosis, classification of mental and developmental disorders of infancy and early childhood. Reised edition. Zero to three, Washington, DC.
  3. Chatoor, I. (2003). I disturbi alimentari precoci: diagnosi e trattamento. Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, 70 (2), 199-218.
  4. Koziol-Kozakowska, A., Piorecka, B. & Schiegel, M. (2018). Prevalence of food neophobia in pre-school children from southern Poland and its association with eating habits, dietary intake and anthropometric parameters: a cross-sectional study. Public Health Nutr. 21(6), 1106-1114.
  5. Ammaniti, M., Luccarelli, L., Cimino, S. Et al. (2011). Feeding disorders in infancy: A longitudinal study to the middle childhood. International Journal of eating Disorders.
Sospetto che mio figlio abbia un disturbo alimentare: a chi posso rivolgermi?

Al pediatra di riferimento (PLS) e allo psicologo infantile. Il Pediatra monitora costantemente lo stato di salute fisica e prescrive eventuali esami strumentali di approfondimento. Lo psicologo infantile valuta la difficoltà assieme alla famiglia e, dopo un’accurata fase di valutazione, propone l’intervento più idoneo.


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